Gli Spazi Cosmici
e
L'assenza di Gravità

 

 

Sin da quando, ai primordi della civiltà, l'uomo ha alzato gli occhi al cielo ed ha ammirato, stupefatto, lo spettacolo che si presentava ai suoi occhi, ha focalizzato la propria attenzione sullo studio e la conoscenza dei fenomeni celesti. Man mano che la ricerca proseguiva e nuove conoscenze si aggiungevano alle precedenti, egli ha cominciato a fantasticare e ad immaginare che ci fosse la vita in altri mondi. Le numerose leggende sorte tra molti popoli antichi testimoniano quelle che, da semplici fantasie, finirono, con il tempo, col diventare vere e proprie speranze.

Presso i popoli della Mesopotamia, per esempio, si raccontava che Etana, intrepido protagonista di una delle leggende più famose, avesse chiesto ad un'aquila, che era l'animale che si riteneva potesse volare più in alto di tutti, di essere portato a visitare i cieli dei vari pianeti; ma siccome volle volare troppo in alto, Etana ebbe le vertigini e precipitò.

Nel periodo ellenistico Luciano di Samosata, nella sua originalissima opera "La Storia Vera", descrive voli interplanetari e popoli extraterrestri dalle fisionomie assai singolari, precorrendo quella che è la fantascienza contemporanea.

Nei secoli successivi, poi, il celebre
Girano di Bergerac narra di una fantasiosa avventura negli imperi del Sole e della Luna. E senza numero sono gli scrittori che da allora, a vari livelli, si sono susseguiti, occupandosi sempre più intensamente dell'argomento.

Le fantasie, però, non sono mai state sufficienti ad indicare il modo attraverso il quale si sarebbe potuto realizzare quel sogno.
Edgar Allan Poe, scrittore celebre per i suoi racconti dell'orrore, descrivendo il viaggio sulla Luna di Hans Pfall, protagonista di uno dei suoi racconti, fu il primo a tentare di fornire una spiegazione scientifica sul sistema adottato dal suo protagonista per raggiungere il nostro satellite. Tuttavia, solo all'inizio del nostro secolo ci si preoccupò di studiare in maniera seria e razionale la possibilità di lasciare la Terra e di esplorare lo spazio. Da allora i passi compiuti dall'Astronautica sono stati notevoli, ed i voli interpianetari con equipaggio a bordo non sembrano più tanto lontani. La certezza che un giorno l'uomo conquisterà lo spazio segna, infatti, le caratteristiche della cultura del nostro tempo e poiché il diritto e la giurisprudenza si preoccupano di disciplinare tutti gli aspetti nei quali si concretizza la nostra vita sociale, a livello internazionale non si poteva non disciplinare questo nuovo aspetto della realtà.

Il regime degli spazi cosmici ha formato, infatti, oggetto di numerose convenzioni promosse ed elaborate dall'ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite); fondamentale, in tal senso, è, per esempio, il Trattato del 27 gennaio 1967 sui "Principi relativi alle attività degli Stati in materia d'Esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, inclusi la Luna ed altri corpi celesti".
Tale Trattato, oltre ad affermare che gli spazi cosmici non possono essere sottoposti alla sovranità d'alcuno Stato (artt. I e II), definisce gli astronauti come "inviati dell'umanità" ed impegna gli Stati che lo hanno ratificato a dar loro ogni possibile assistenza in caso d'incidenti, pericolo od atterraggio d'emergenza (art. V); inoltre, prevede la responsabilita dello Stato nazionale e dello Stato dal cui territorio l'oggetto spaziale è lanciato per i danni procurati dalle attività cosmiche (artt. VI e VII) ed attribuisce allo Stato nel quale l'oggetto è registrato piena "giurisdizione e controllo" sull'oggetto medesimo (art. VIII). Quindi, non solo vi è libertà di navigazione degli spazi cosmici, in virtù del principio sulla libertà di sorvolo degli
spazi nullius, ma lo Stato che lancia il satellite, o la navicella spaziale, ha diritto al governo esclusivo di questi ultimi.

Tra le altre convenzioni ricordianio, poi: l'Accordo del 22 aprile 1968 sul salvataggio ed il ritorno degli astronauti e sulla restituzione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico; la Convenzione del 25 marzo 1972 sulla responsabilita per danni causati da oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico e l'Accordo del 5 dicembre 1979 sulle attività degli Stati, sulla Luna e su altri corpi celesti.

Il Trattato del 27 gennaio 1967 sancisce i principi generali cui gli Stati devono attenersi nell'esercizio delle loro attività cosmiche; i trattati che sono seguiti dopo (io ne ho citati solo alcuni) disciplinano, invece, le fattispecie in maniera più specifica.

Inoltre, rileva il fatto che anche per gli spazi cosmici può parlarsi di risorse naturuli, anche se (per ora) solo con riferimento all'utilizzabilità a fini di radio e telecomunicazioni, ed in particolare alle frequenze d'onda ed alle orbite utilizzate dal satelliti.

Qli Stati possono liberamente utilizzare gli spazi a fini di radio e telecomunicazioni, però, solo osservando il consueto limite del rispetto delle libeirtà altrui. Infatti, si ritiene che siano limitati, sia lo spettro delle onde radio (almeno adesso che le nostre conoscenze tecniche non ce ne consentono uno sfruttamento integrale), sia la cosiddetta orbita geostazionaria, cioè l'orbita circolare intorno all'equatore nella quale i satelliti ruotano con lo stesso periodo di rotazione della Terra, restando praticamente fissi rispetto a questa. Poiché l'orbita geostazionaria è particolarmente indicata per le telecomunicazioni, e poiché presenta caratteristiche uniche nel suo genere, è stata fatta più volte oggetto di una rivendicazione di sovranità da parte d'alcuni Paesi equatoriali (Brasile, Indonesia, Kenya, Zaire, ed altri), i quali hanno, però, com'è ovvio, incontrato l'opposizione di quasi tutti gli altri Stati del mondo che, ritenendo tale rivendicazione assolutamente priva di fondamento, l'hanno privata dell'auspicata rilevanza internazionale.

Il principio che l'utilizzazione dell'orbita geostazionaria e dello spettro delle onde radio debba aver luogo nel rigoroso rispetto delle libertà di tutti è ribadito anche dallo Statuto dell'ITU (International Telecomunication Union, che è un Istituto specializzato dell'ONU come lo sono la FAO, Food and Agricultural Organization, l'UNESCO, United Nations Educational Scieniific and Cultural Organization, l'ICAO, Internationai Civil Aviation Organization, ecc.).

L'art. 33 del suddetto Statuto ITU stabilisce, infatti, che gli Stati si "sforzeranno" di limitare il più possibile il numero delle frequenze e di utilizzare le frequenze stesse e l'orbita geostazionaria "in maniera efficace ed economica... al fine di permettere un accesso equo... ai diversi Paesi... tenuto conto dei bisogni particolari ... e della situazione geografica di taluni Paesi."

Come si vede, quindi, lo spazio extra-atmosferico e l'Universo nel suo insieme non sono più fantascienza ma realtà, una realtà talmente attuale da rendere necessaria una specifica ed attenta disciplina giuridica internazionale.

Ma che dire del fattore umano? E com'è navigare nello Spazio?

In proposito il Col. Pogue dichiara: "Durante i primi giorni, a causa dello spostamento dei liquidi interni del corpo, la faccia si gonfia, dando agli europei un aspetto orientale. Si hanno difficoltà di respirazione e congestioni auricolari per le prime dodici settimane. Vi sono, poi, alterazioni nella produzione di globuli rossi, alterazioni che scompaiono dopo circa nove settimane. Sono inevitabili versamenti involontari d'urina. Immaginabili le difficoltà dovute all'assenza di peso, con gli oggetti più disparati (compresi i contenitori di rifiuti) che volano nella cabina. I pasti vanno appositamente studiati perché devono contenere una quantità ottimale di minerali; ma la dieta adottata non basta a saziare gli astronauti. Altri problemi sono connessi con l'igiene personale (anche radersi richiede più tempo che sulla Terra); invece, le piccole ferite si rimarginano presto. Dal punto di vista emotivo si ha un notevole grado d'irritabilità, provocata dalle difficili condizioni in cui si opera. Ogni piccolo inconveniente è amplificato e desta non poche preoccupazioni. Con l'andare del tempo si ha sempre più bisogno di svaghi e di riposo, ed uno dei passatempi preferiti sembra l'osservazione dell'esterno dell'astronave."

Nel corso degli EVA (Extra-Vehicular activity, ovvero passeggiate spaziali) i controlli medici degli astronauti monitorati hanno mostrato notevoli irregolarità del battito cardiaco.

Aritmie e battiti irregolari del cuore erano stati riscontrati anche negli astronauti delle Missioni Apollo durante le loro escursioni lunari, ma i medici della NASA credettero che il fenomeno fosse dovuto ad una carenza di potassio nella dieta che si ripercuoteva nel muscolo cardiaco e costrinsero così alcuni equipaggi a bere grandi quantità di una sgradevole bibita color arancio, molto ricca di potassio. Tuttavia, si capì, in seguito, che la carenza di potassio sarebbe potuta non essere la causa del fenomeno. In assenza di peso, il muscolo cardiaco non deve più lottare con la forza di gravità per pompare il sangue nella parte superiore del corpo e, quindi, riduce il suo volume, così come accade a qualunque muscolo che non sia più utilizzato. Potrebbe essere che la diminuzione di volume sia associata a modificazioni cellulari, le quali rendono il muscolo cardiaco meno stabile elettricamente e, quindi, più soggetto ad aritmie.

Un altro serio problema degli astronauti che operano in assenza di peso è, poi, il senso di disorientamento e nausea che, in alcuni casi, provoca il vomito. Ciò è dovuto al fatto che l'apparato vestibolare dell'orecchio, che regola il nostro equilibrio, non essendo più soggetto alla forza di gravità, invia al cervello segnali contraddittori e disorientanti che gli impediscono la percezione dell'alto e del basso, dando luogo alla cosiddetta "sindrome d'adattamento allo spazio" che, nei casi più gravi, riduce di non poco la capacità degli astronauti di svolgere efficacemente le loro mansioni. Di solito i sintomi tendono a sparire in due o tre giorni, ma non è detto; i tempi per l'adattamento allo spazio possono, infatti, variare da soggetto a soggetto.

Un altro effetto dell'assenza di gravità sull'uomo è la diminuzione della percentuale di globuli rossi nel sangue. La causa di questo fenomeno è sconosciuta, ma s'ipotizza che esso sia dovuto alla progressiva atrofia generale cui vanno incontro le cellule dei tessuti in assenza di peso. La riduzione del volume del sangue non sembrerebbe di per sé essere grave, se non fosse per il fatto che non si sa se il midollo osseo, dal quale sono prodotti i globuli rossi, reagirebbe normalmente nel caso in cui un astronauta dovesse presentare un'emorragia da ferita o da ulcera

Inoltre, l'esperienza generale prevede una perdita del calcio delle ossa, poiché la permanenza nello spazio, in assenza di peso, sortisce lo stesso effetto di un riposo prolungato a letto. il calcio, infatti, è depositato sulle ossa dal flusso sanguigno in reazione ad effetti elettrochimici prodotti dagli sforzi sostenuti dal loro normale uso. All'interno di un'astronave in caduta libera non c'è alcun tipo di sforzo su nessun osso del corpo e, di conseguenza, non è mantenuta la normale perdita fisiologica di calcio delle ossa.

E' risultato anche che l'assenza di peso favorisce la comparsa della presbiopia, che è un difetto della vista, generalmente dovuto alla vecchiaia, che non consente di distinguere chiararnente gli oggetti vicini.


L'esposizione alle radiazioni nello spazio, inoltre, potrebbe provocare (anche se non se n'è del tutto certi) un aumento del tasso di formazione dei tumori a causa dei suoi effetti sul sistema immunitario.

Anche a livello psicologico, comunque, tali esperienze segnano la vita. Gli astronauti, infatti, venendo a contatto con una realtà di cui non hanno mai avuto esperienza prima (il cosmo) subiscono (per fortuna non sempre) uno shock mentale che, come del resto è facilmente immaginabile, può lasciare dei segni a livello nervoso ed emotivo.

Alcuni esperti hanno catalogato i sintomi che gli astronauti hanno presentato al ritorno dai loro viaggi nello spazio: insonnia e turbe del sonno in genere, disturbi somatici, disorientamento spaziale e temporale, stress mentale, irascibilità ed ansia sembrano essere i più comuni. Si ritiene, però, che con un prolungato riposo ed un adeguato trattamento "antistress" si possa rimediare a quelle che sono reazioni psicologiche normali alle quali non potrebbero sottrarsi nemmeno i soggetti dal carattere più forte.

L'uomo, comunque, possiede una capacità d'adattamento alle situazioni difficili, oserei dire unica nel suo genere, e, quindi, ritengo che simili problemi saranno superati quando i voli nello spazio saranno diventati quotidianità per tutti e sarà superata, quindi, la necessità di "adattarsi allo spazio". Gli scienziati della NASA hanno concluso, infatti, che, nonostante gli inconvenienti, non c'è nulla nel corpo e nella mente umana cui non si possa rimediare e che possa precludere i viaggi interpianetari o la lunga permanenza dell'uomo nello spazio.

Se lo dicono gli esperti, possiamo senza dubbio crederci, soprattutto in considerazione del fatto che la NASA ha già da tempo in programma i primi voli con equipaggio a bordo verso Marte.

 

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